Il curioso caso della Lingua dei Segni del Nicaragua

La nascita di una lingua e la magia dei bambini

Lingua e cultura vanno di pari passo. Qualunque linguista o studioso di comunicazione potrà confermarvi che in tutto il mondo la lingua riflette sempre il popolo che la parla.

Ma come nasce esattamente una lingua? Perché esistono tante lingue diverse? E’ possibile che provengano tutte da un’unica lingua? Ad oggi ancora c’è molto dibattito al riguardo.

Nella seconda metà del Novecento in Nicaragua, gli studiosi hanno assistito alla nascita di una lingua segnata e hanno dedotto che il processo che porta alla creazione di una lingua, parlata o segnata, sia fondamentalmente lo stesso e passa attraverso capacità innate dei bambini. Ma andiamo con ordine.

Una delle teorie più diffuse riguardo la nascita di una lingua l’ha enunciata Derek Bickerton sostenendo che esistano due modi per far nascere una lingua: “gradualmente”, come nel caso in cui una stessa comunità si divida e dopo molto tempo passato distanti avremo di fatto due comunità distinte e due lingue distinte; oppure “per catastrofe”, come nei casi celeberrimi dei creoli del Sud America e delle isole del Golfo del Messico, dove furono deportati molte persone dall’Africa centrale che dovettero imparare a comunicare con persone provenienti dalle aree geografiche più diverse.

In entrambi i casi, la lingua può essere definita come una forma di comunicazione, un prodotto della facoltà di linguaggio degli esseri umani, appartenente a una data comunità.

E la lingua dei segni, invece?

Prima di tutto dovremmo parlarne al plurale: ogni Paese ha la sua lingua dei segni, oltre che una (o più) lingue parlate. “Segnare” è un sistema di comunicazione tanto efficace quanto parlare e anch’esso riesce a raccontare la cultura bene quanto una lingua parlata.

Ma torniamo alla nostra storia in Nicaragua: a Managua, a cavallo tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ‘80, a causa della guerra molti individui rimasero privi dell’udito per colpa delle armi che erano state utilizzate (in questo documentario potete trovare maggiori info al riguardo). Coloro che erano rimasti senza la facoltà di ascoltare e ascoltarsi parlare avevano creato ciascuno un linguaggio segnato “casalingo”, che consentiva loro di farsi intendere dalle loro famiglie e dai loro cari, ma non avevano alcun tipo di supporto da parte dello Stato e ogni famiglia era lasciata sola a se stessa nella gestione degli individui aventi questo tipo di deficit. I non udenti erano fondamentalmente chiusi nella loro bolla famigliare e non è difficile immaginarlo considerando che all’epoca la stragrande maggioranza della popolazione soffriva non solo a seguito della guerra ma anche per le condizioni di estrema povertà.

Finalmente la Città di Managua istituì una scuola dedicata esclusivamente ai non udenti, dove i soggetti potessero socializzare fra loro e non rimanere chiusi nel loro silenzio. Qui ogni individuo dovette imparare a comunicare con gli altri sebbene ognuno avesse la propria lingua segnata casalinga. Nacque così ciò che tecnicamente viene chiamato un pidgin: un pidgin non è ancora una lingua, è piuttosto un mix di due lingue, privo di ciò che caratterizza una lingua ovvero la grammatica e la sintassi. Un pidgin è come un treno di azioni e nomi, per cui non è possibile costruire frasi complesse ed è ancora più difficile per esempio parlare al passato o al futuro perché senza grammatica non sarebbe possibile volgere al passato un verbo per esempio. Azioni e nomi sono semplicemente presi in prestito dalle due lingue. Il termine “pidgin” viene usato di solito però per le lingue parlate ma in questa storia è chiaro che si applica perfettamente.

La generazione seguente che frequentò l’istituto imparò mano a mano questo pidgin creato dai precedenti studenti e i bambini (nati già con deficit uditivi) riuscirono non solo a farlo loro ma ad aggiungere spontaneamente ciò che mancava: proprio la grammatica e la sintassi, e senza averne mai sentito parlare fino a quel momento; nessuno aveva insegnato loro niente del genere e le famiglie in cui vivevano non conoscevano alcuna lingua dei segni. Finalmente era possibile creare con questo linguaggio segnato frasi più complesse, raccontare storie, decidere a quale gioco giocare, scambiarsi idee. I bambini avevano creato quella che viene definita una lingua creola, segnata non parlata. Le generazioni seguenti hanno imparato quella lingua creola che è così diventata infine una lingua storico-naturale. La Lingua dei Segni di Managua divenne un vero case study per tantissimi studiosi che arrivarono da tutto il mondo.

Ad oggi costituisce la prova tangibile più evidente a sostegno delle teorie per cui la facoltà di linguaggio umana è realmente una capacità innata della nostra specie e in questa capacità innata a quanto pare rientrano anche questioni come la grammatica e la sintassi, che altro non sono che strutture al servizio dei pensieri.

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